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  • giulioammannato

LA RESPONSABILITÀ E L’APPROCCIO CENTRATO SULLA PERSONA

Intervista a Padre Livio Passalacqua s.j., estate 2023

Ho guardato sul mio dizionario e la prima parola che riporta sotto “responsabilità” è “congruenza”.

Mi ha colpito la correlazione con l'Approccio Centrato sulla Persona perché anche in questo la prima parola è la congruenza.

In tale responsabilità c’è la congruenza tra quel che sono, quel che esprimo, quel che dò.

Responsabilità ha il tema della “abilità”, la capacità di rispondere: c'è rispondenza dentro di me, possibilità di corrispondere.

E c’è l’assumersi il rischio.


Qualche volta l’Approccio di Carl Rogers viene accusato di essere un po’ sbrigativo, perché non risponde ad alcuna regola come fa invece la psicanalisi, non si preoccupa di schemi. Dal punto di vista scientifico, di apprendimento può darsi che sia più comodo, meno responsabile perché non deve interrogarsi con molte domande. Ma dal punto di vista della responsabilità personale viene richiesto molto perché io mi prendo la responsabilità di ascoltare e percepire quello che avviene in te; di comprendere come lo vivi tu, non come lo vivo io, spegnendo quella voce interiore che mi fa dire altre cose che sono mie e che non ti riguardano.

Mi fa rispondere, corrispondere, a ciò che tu effettivamente dici, non a ciò che io penso tu abbia detto.


Ho quindi la responsabilità non di quello che so io ma di quello che mi arriva di te.

Implica il massimo dell’onestà.

Per essere molto attento all’altro devo volgere grande attenzione a me stesso per non recargli danno occupando il suo spazio con le mie interpretazioni, non interferendo e non oscurando ciò che sta vivendo.

Ho la responsabilità di esserci in un certo modo in questa relazione, di essere libero e col massimo rispetto e questo suscita la responsabilità verso me stesso.


È una meravigliosa scuola.

Ogni colloquio obbliga me, che sono l’accompagnatore, ad una grande limpidezza delle mie vibrazioni per non confonderle con quelle di chi ascolto e per essere onesto con lui.

Alla fine del colloquio non si sa mai chi dei due abbia ricevuto di più: se tu col mio aiuto o io con tutta la ricchezza della tua sensibilità e tutta la sofferenza di ciò che ti è ancora oscuro e che mi ha obbligato a un esercizio.


Quando alla fine del colloquio ci alziamo dalla sedia tu vai via forse con maggiore chiarezza di quello che sei, di ciò che puoi dare o non dare agli altri ma io ho fatto un'ora di esercitazione però col senso del limite. Mi hai costretto con i tuoi interrogativi a centrarmi anche su di me, per me, non su di me per te, a rendermi limpido. È come mettere gli occhiali: appena mi accorgo che sono sporchi o appannati li pulisco, non li cambio ma li pulisco il più possibile per te. Questa corresponsabilità implica molto nel dare e anche nella considerazione positiva incondizionata di te: “Oh guarda cosa questa persona ha già intuito! Quante cose intravvede! A questo non avevo mai pensato ma adesso lo metto via per me!”

C’è reciprocità, corresponsabilità: responsabilità verso di te ma che giunge ad essere anche una corresponsabilità per me.


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