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Riflessioni su La relazione

  • giulioammannato
  • 15 apr
  • Tempo di lettura: 4 min

Di Gabriele Castelnuovo


“La relazione” rientra nell'insieme di quelle parole ormai lavorate, masticate e messe da parte come assodate dal senso comune. 


Chiunque saprebbe dire cosa sia una relazione e chiunque, infondo, non saprebbe di cosa stia parlando. Tale parola infatti, in buona compagnia, se ne sta in un cantuccio del sapere condiviso, passiva nei confronti dei vari adattamenti, delle manipolazioni e degli sballottamenti semantici, pronta ad essere utilizzata come parola jolly sempre buona, sempre adatta, proprio perché ormai è impossibile non condividerla. E' mio parere che, soprattutto uno psicoterapeuta abbia oggi l'obbligo di chiarire a se stesso il significato di questa parola, il suo rapporto con essa e le implicazioni che ne derivano in ambito professionale. Si rischia altrimenti una falla proprio lì dove si dovrebbe essere più solidi ma soprattutto si rischia la possibilità di condizionare, senza rendersene conto, il proprio operato. 


In particolare per l'approccio Rogersiano, tale tematica acquista rilevanza per la messa in atto delle tre condizioni necessarie e sufficienti.  A chi scorga il fantasma della fredda razionalità dietro questo intento, cambio il piano della questione e mi rivolgo dicendo che, infondo non credo nella dicotomia tra razionale ed emotivo. Credo che ogni buon concetto si fondi sempre, a ben vedere, su un emozione, e che vi sia reciprocità tra questi, una reciprocità che dona spazio, forza e passione. Il problema e il pericolo nascono quando l'uno viene usato per coprire i vuoti dell'altro, quando parole vuote di passioni come relitti in un oceano di banalità incatenano il nostro animo in spazi emotivi piccolissimi. 


La parola “post-verità” imperante nell’epoca postmoderna, ci parla in fondo di una separazione tra l'esperienza e le parole, le parole possono essere svuotate di senso quando diventano rigidi costrutti o quando diventano slogan buoni per tutti gli usi. L'intento è quello di provare a ridare respiro e vita a questa parola per renderla un faro pulsante della professione. 


Partiamo dall'etimologia: la parola “relazione” deriva dal latino “relatio”, a sua volta da “relatus”, participio passato di “referre” che significa riferire, riportare, stabilire un legame, un rapporto, un collegamento. Nella lingua corrente, la parola acquista diverse sfumature di significato a seconda del contesto in cui è usata:


Ad esempio, “fare una relazione” su una qualsiasi attività, significa produrre un documento in cui viene dettagliatamente  riportata la descrizione dell'attività stessa. In sociologia, la relazione è colta, ovviamente, nel suo aspetto più sociale indicando i processi di comunicazione, di condivisione e di azione inter e intra gruppi sociali. 


L'ambito che però mi ha più colpito è quello matematico; proprio qui ho colto un aspetto della relazione che ha fornito, per così dire, la spinta per iniziare questa “esplorazione”. In matematica la relazione tra due elementi non dipende da quest'ultimi ma dall’ambiente in cui sono stati posti. In base alle caratteristiche specifiche dell’ambiente scelto, si potranno configurare diversi tipi di relazione. Per capire meglio, prendiamo per esempio due numeri: 1 e 0,5 nell'insieme dei numeri reali, la relazione tra i due si configura in modo tale che il primo sia il doppio dell'altro o che il primo sia maggiore del secondo. Nell’insieme dei numeri complessi, dove non esiste relazione di maggiore o minore, possiamo solo dire che 1 sia il doppio di 0,5 come risultato dell'operazione 0,5 più 0,5 ma non che esso sia più grande dell'altro. Cambiando ancora ambiente, tra i numeri naturali non esiste addirittura alcun tipo di relazione tra i due perché qui 0,5 non esiste. 


Possiamo notare quindi come la natura degli oggetti sia discriminata dall’ambiente e che una volta discriminata, questa si apra in un ventaglio di relazioni possibili con la natura degli altri oggetti. Lasciando i nostri amici numeri e tornando agli uomini, semplificando un po’, potremmo dire  che  la relazione in quanto tale non sia qualcosa di definito a priori, prevedibile e protocollabile ma piuttosto qualcosa che prende vita in base all’ambiente/setting in cui si sviluppa. Ma la cosa ancor più interessante è che, seguendo la metafora, la natura della relazione tra i soggetti sarà caratterizzata dalle dimensioni che questi porteranno nella relazione. 


Alla luce delle più recenti prospettive scientifiche, il mondo ci appare come una rete olarchica di sistemi complessi organizzati su diversi ordini di grandezza a costituire una totalità integrata in grado di mantenersi in equilibrio tra il caos e l'ordine e con proprietà che nascono dalle interazioni e  dall’interdipendenza delle sue parti.


Nello  spostamento dal pensiero meccanicistico a quello sistemico, il punto di vista con cui osserviamo il mondo si è spostato dagli oggetti alle relazioni tra di essi. Oggi potremmo affermare che tutto è relazionale ormai.


Altro punto importante è relativo al processo epistemologico che sappiamo essere incluso nella descrizione dei fenomeni indagati (addio oggettività e completezza dell'indagine scientifica). A mio avviso proprio quest'ultimo punto è di fondamentale importanza per il modo in cui ci posizioniamo nei confronti della relazione stessa ma viene spesso dimenticato. Infatti se si è coscienti che una verità con la “v” maiuscola verso cui incamminarsi non c'è,  ci si trova davanti ad un relativismo immobilizzante. Tale complessità infatti risulterebbe troppo difficile da trattare soprattutto se si è consci di non poterla mai comprendere completamente.


A questo punto due sono le strade possibili o la rinuncia a qualsiasi tipo di indagine o un approccio alla realtà che permetta di approcciare a questa complessità dividendola in parti per poi studiare queste ultime e le loro interazioni facendo emergere un’immagine del mondo a più dimensioni, un’immagine che però, non dobbiamo dimenticarlo, per quanto espresso prima, non è la realtà ultima ma solo una sua semplificazione necessaria. In tutto questo l’uomo risponde alle stesse necessità, d'altronde anche la stessa analisi epistemologica del termine “persona” ci spiega bene come questa non possa mai relazionarsi completamente con tutta se stessa ma sempre tramite delle “maschere”. Anche la relazione dunque sarà caratterizzata da più dimensioni. 


Una relazione che ammette l'incontro su più dimensioni è una relazione che si approssima ad una maggiore completezza conoscitiva sia che si tratti di una relazione persona/fenomeno che persona/persona. Per contro una relazione aperta solo a poche dimensioni porta con sé la rigidità e la chiusura di chi pretende la sicurezza di controllare un mondo in continuo movimento, di chi ha la pretesa di conoscere la verità. Proprio a questo mi riferivo sopra, troppo spesso si parla di approccio relazionale come se questo fosse attuabile a priori quando invece questo richiede un'attenta capacità di monitorare quali dimensioni stiamo portando nell'esperienza, quali sta portando l'altro e soprattutto quali stiamo rifiutando restringendo la relazione in qualcosa che si allontana da un reale incontro.

 
 
 

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